Il legame tra la Marca Tag Heuer ed il mondo delle corse automobilistiche è fortissimo, nasce grazie a motivazioni tecniche ben precise e vede raggiungere il suo apice in quella che viene identificata dagli appassionati di motor racing come “l’epoca d’oro” delle corse, cioè il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.
Quella che allora si chiamava solamente Heuer, la nuova proprietà Tag subentrerà anche nel logo a partire dagli anni ’90, si era specializzata nella produzione di cronometri sportivi dedicati ai professionisti del settore, e cronometri da cruscotto per le vetture da rally, la maggior parte dei cronometristi ufficiali dei vari eventi motoristici ai più alti livelli amavano utilizzare cronometri Heuer, rispetto ai prodotti delle marche concorrenti che presidiavano il settore, poche per la verità, le principali erano Omega e Minerva, gli strumenti Heuer venivano preferiti in quanto mediamente meno costosi ma eccezionalmente precisi e robusti, dotati anche di funzioni assai utili per un cronometrista quali la funzione rattrappante o l’autonomia di carica di 8 giorni per gli orologi e cronometri da cruscotto.
Già nei primi anni ’60 molti piloti da corsa indossavano orologi Heuer, i modelli preferiti erano l’Autavia, contrazione dei due termini “automobilismo” ed “aviazione”, ed il Carrera, il cui nome era un tributo alla leggendaria e pericolosissima corsa automobilistica “Carrera Panamericana Mexico”, la casa cavalcava naturalmente questo gradimento lanciando modelli esplicitamente legati al mondo del motor racing quali il Monza ed il Silverstone.
La sublimazione di questo legame si ebbe nel 1971 con l’uscita del film hollywodiano “Le 24 ore di Le Mans”, interpretato da Steve McQueen. Il divo, grande appassionato di corse e buon pilota a sua volta, interpreta il pilota ufficiale della Porsche durante la durissima gara francese ed al suo polso spicca un cronografo Monaco, all’epoca uscito sul mercato da un paio d’anni e che rappresentava una autentica novità sia in termini di design, con la sua inusuale forma quadrata, che in termini tecnici, era infatti il primissimo cronografo con movimento automatico, prima di esso i cronografi erano esclusivamente a carica manuale.
Vi è una curiosità a proposito della “partecipazione” del Monaco al film, infatti lo storyboard prevedeva che McQueen indossasse un Heuer Autavia, di gran lunga l’orologio da polso preferito dalla maggior parte dei piloti, ma durante le riprese effettuate dal vero, durante l’edizione 1970 della corsa, l’attore notò il nuovo Monaco al polso di uno dei piloti ufficiali del Team Porsche, lo svizzero Jo Siffert, pilota vincente anche in Formula 1. I due erano amici e l’attore chiese al pilota di prestargli il suo Monaco per le riprese del film. Da quel momento questo fantastico cronografo è diventato un autentico oggetto di culto per gli appassionati di motori e di orologi (ed il Monaco personale di Jo Siffert rimase sul polso di Steve McQueen alla fine della lavorazione del film).
Questo è l’aspetto più glamour del legame tra Tag Heuer ed il motor racing, ma l’aspetto tecnico è in realtà ben più importante, anche se, forse misconosciuto. Il primo esempio di cablatura completo di un circuito a scopo di cronometraggio elettronico dei tempi parziali per settore si deve a Tag Heuer che alla fine degli anni ’60 del novecento realizzò questo sistema sulla pista privata della Ferrari a Fiorano, per poi applicarlo in tutti i circuiti del Campionato Mondiale di Formula 1 sin dagli anni ’70. La capacità di ricerca che Heuer mise in campo fu veramente straordinaria, il responsabile di Heuer sui campi di gara, Jean Campiche, divenne un vero e proprio “guru” nel mondo delle corse di più alto livello; in una fase ancora di passaggio tra la meccanica e l’elettronica, con tutte le difficoltà che ne conseguivano, i tecnici di Heuer diedero un contributo fondamentale all’evoluzione del cronometraggio sportivo in generale ed al mondo delle competizioni automobilistiche in particolare.